PEPPO BIANCHESSI / INSTADRAMA
Self-portrait in the way of Goya on an ATM machine 2014-Digital Print
PEPPO BIANCHESSI / INSTADRAMA
Self-portrait in the way of Goya on an ATM machine 2014-Digital Print
PEppo Bianchessi / INSTADRAMA
instadrama
PEPPO BIANCHESSI / INSTADRAMA
50 years evolution
PEPPO BIANCHESSI / INSTADRAMA
Think Different, 2012
PEPPO BIANCHESSI / INSTADRAMA
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PEPPO BIANCHESSI / INSTADRAMA
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INSTADRAMAS
Here is where the ink turns into pixels, its electronic representation. Instadramas are instant dramas, filtered by technology after being shredded and freeze-dried by the network. Stereotyped and framed by Facebook windows which turn them into farces or the subjects of useless discussion, they are actually "memes" that would take time to analyse properly —something which seems to be incompatible with the logic of social media.
Instadramas are the queues outside the shops for phones that cost exactly how much our stupidity is. Objects that talk to you before you even talk, and decide what you need and what not, linking you to an idea that is called Company.
Instadrama is to call "Genius" who wears a blue shirt and wants to convince you to be part of "those who think different".
Instadrama is to believe that "changing the system" is a matter of upgrading, and that, on a Sunday or the other, you can download the new one.
Instadrama is the ongoing debate on how to educate children about using the web. And to the great misunderstanding of those who has launched the network, the rule that "the good or the bad of a thing depends on the use that is made of it" can perhaps be applied to the hardware and to the magic in Tolkien's world, but not to the software that makes them work, which, just like the spells, have already been thought of as bearers of good or evil. I believe that social networks, search engines and sites are designed to make us dependent on them and influence our choices, to bring out the worst of us, to take away the time to reflect and, acting on our instincts, on the primordial system of our brain, whether we are looking for a hotel room (which has been viewed three times by another user) or an exhibition (last available tickets).
There has never been an era in which information was so plentiful and accessible, a fact which in itself is positive and exciting. But it takes time and effort to process information intelligently —there are no shortcuts. Reflection might take the form of meditation, leisure, boredom or dreams: the form is not important. What IS important is the idea that slow-moving time is still within our reach.
So here is the paradox: the same technology that provides us with access to information simultaneously ruins our comprehension of such data with a constant bombardment of small obsessions, doubts, repetitions and unnecessary alternatives. This makes everyone a little more stupid, and it certainly doesn’t help the young to master their own intelligence ...
There are "apocalyptic" who wish a big blackout. I'm not so sure. Everything flows, even dramas. In particular, the instadrams that can be resolved in a completely unexpected way: perhaps with the bankruptcy of a company on the stock exchange, before our -human- society fails.
INSTADRAMMI
Qui è dove l’inchiostro sconfina nei pixel, nella sua rappresentazione elettronica.
Gli instadrammi sono drammi istantanei, filtrati dalla tecnologia dopo essere stati triturati e liofilizzati dalla rete. Stereotipati e incorniciati dalle finestre di Facebook fino a renderli farse o oggetto di discussione, sono in realtà «meme» che richiederebbero tempo per riflettere; cose peraltro incompatibili con la logica dei social.
Sono le code fuori dai negozi per dei telefoni che costano esattamente quanto la nostra stupidità. Oggetti che ti parlano prima ancora di farti parlare, e decidono cosa ti serva e cosa no, legandoti a un’idea che si chiama azienda.
Instadramma è chiamare “Genius” chi indossa una maglietta blu e pretende di convincerti di essere parte di “quelli che pensano diverso”.
Instadramma è credere che “cambiare il sistema” sia una questione di upgrade, e che, questa domenica o l’altra, si potrà scaricare quello nuovo.
Instadramma è il continuo dibattito sul come educare i ragazzi all’uso della rete. E al grande fraintendimento di chi, la rete, l’ha lanciata: la regola che “il bene o il male di una cosa dipende dall’uso che se ne fa” forse si può applicare agli hardware e alla magia del mondo di Tolkien, ma non al software che li fa funzionare, che, esattamente come gli incantesimi, sono già stati pensati come portatori di bene o male.
Credo che i social, i motori di ricerca e i siti siano progettati per renderci dipendenti da loro e condizionare le nostre scelte, per tirare fuori il peggio di noi, per toglierci il tempo di riflettere e agendo sui nostri istinti, sul sistema primordiale del nostro cervello, sia che stiamo cercando una camera d’albergo (che è stata vista tre volte da un altro utente ) o una mostra (ultimi biglietti disponibili).
Non c’è mai stata un’epoca nella quale la disponibilità di informazioni fosse così alta e accessibile, fenomeno di per sé positivo e entusiasmante. Ma occorre il tempo per elaborare le informazioni in modo intelligente, e questo non è un processo veloce.
Riflettere richiede uno sforzo e tempo; che prenda la forma di meditazione, ozio, noia o sogno non è importante. Ma è importante l’idea che il tempo lento sia ancora alla nostra portata.
È qui che nasce il paradosso: la stessa tecnologia che ci permette l’accesso alle informazioni, ne spezza la comprensione con un bombardamento costante di piccole ossessioni, dubbi, ripetizioni e alternative non richieste, né necessarie. E questo rende tutti un po’ più stupidi, di certo non aiuta i più giovani a diventare padroni della loro intelligenza...
Ci sono “apocalittici” che si augurano un grande blackout. Non ne sono così convinto. Tutto scorre, anche i drammi. In particolare gli instadrammi che possono risolversi in modo del tutto inaspettato: magari con il fallimento di una società in borsa, prima che fallisca la società che la borsa gliel’ha consegnata.